Pagina:Basile - Lu cunto de li cunti, Vol.I.djvu/33


introduzione xxiii

E a Corfù, d' Alcinoo gli orti. E ancora:

          mill’altre i’ vidi illustri rive,
E per ciascuna fei gran tempo albergo,
Cangiar credendo stato,
Nè mai cangiai fortuna.1

Finalmente, nel 1608 era di ritorno a Napoli,

               così vecchio, infermo,
Là ’ndi già mossi più robusto il piede!2

Parole, che non bisogna prendere alla lettera, pel tuono d’esagerazione lamentosa, che ha tutto questo brano autobiografico:

Chi provato ha gli affanni
Di lungo navigar, di lunghi errori,
Più si può dir felice
Quando ei può riposar nel patrio lido3!



  1. Così, sempre nelle Avventurose disavventure, l. c. Come poi potesse fare tutti questi viaggi, e dimorare gran tempo in ciascun luogo nel breve spazio tra l’autunno del 1607, che stette nelle galee del Bembo, e il 1608, nel quale anno certo stava a Napoli, è uno dei misteri della biografia del Nostro. E dire che da un’altra allusione si dovrebbe ricavare che egli fu anche nelle Fiandre! Infatti, in una di quelle lettere napoletane, stampate in coda alla Vajasseide del Cortese, e che, come si dirà più innanzi, son opera sua, si legge: «Io, che so sapatino ed ecciacuervo, e saccio quanta para fanno tre buoje, ch’aggio fatto sti quatto pile a la guerra de Shiannena, co no stratagemma meletare le voze fare na nvoscata». Ma questa può darsi che sia un’affermazione scherzosa.
  2. Sembra che tornasse per mare: «Torsi il camin di nuovo al mar Tirrheno», dice nelle Avventurose disavventure, l, c.
  3. Le avventurose disavventure, l. c.