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xiv | introduzione |
Il Basile, dunque, partì; e saranno stati forse sentimenti studiati dal vero, sulla sua propria esperienza, quelli ch’egli mette in bocca a un personaggio di un suo cunto, costretto, come lui, a lasciar Napoli. Cienzo sale sul suo cavallo, s’avvia fuori la città, e, passata Porta Capuana, si volge indietro, malinconico, dicendo: «Tienete, ca te lasso, bello Napole mio! Chi sa se v’aggio da vedere chiù, mautune de zuccaro e mura de pastareale?, dove le prete so de manna ncuorpo, li trave de cannamele, le porte e finestre de pizze sfogliate!»
E la sua fantasia passa a rassegna i luoghi più ricchi e deliziosi e voluttuosi di Napoli, e Porto, e Pendino, e Piazza Larga, e Piazza dell’Olmo, e la Loggia di Genova, e i Lanzieri, e Forcella, e la regione dei Celsi, e il Pertuso, e il Lavinaro, e il Mercato, e la bella Chiaia1!
Lasciata Napoli, andò girando per quasi tutte le città d’Italia:
Quante cittadi gloriose e belle
Sembran nel ciel d’Esperia ardenti stelle!2
- ↑ Lo cunto de li cunti, J. I, T. VII.
- ↑ Non sappiamo se fu in questo viaggio che capitò a Vicenza: tra le sue poesie troviamo un madrigale per l’Armida, tragedia del vicentino Ludovico Aleardi, e un altro «per l’illustrissimi signori Accademici Olimpici», che paiono accennare a una dimora in quella città, prima del 1609, nel quale anno si trovano stampati (nell’ed. del 1609, che si cita più oltre). L’Armida dell’Aleardi fu stampata poi a Vicenza, il 1611 (Quadrio, Storia e ragione d’ogni poesia, III, I, 79). Gli Olimpici di Vicenza era un’accademia sorta circa il 1590 (ivi, I, 112)