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clxxxiv | introduzione |
sileda quella del Muzio in poi, e negli scrittori dialettali; ho riformato a mio modo l’uso delle lettere minuscole e maiuscole, usando il meno possibile di queste, laddove nel testo ce n’era un subisso.
Ho rispettato il sh, che si trova nel Cortese e nel Basile per indicare il suono sibilante dello sc seguito da vocale, come in shioshiare. — Viceversa, ho abolito gli apostrofi, indicanti aferesi, che talvolta il Basile adopera a principio di parola. Questo sistema, che muove dal concetto di considerare molti vocaboli dialettali come manchevoli corrotti, rispetto a quelli della lingua italiana, è stato seguito anche, applicandolo con molto rigore, dai recenti scrittori e trascrittori del nostro dialetto, capo dei quali Vittorio Imbriani. Ora la convinzione, nella quale io sono venuto, è che questo sia un sistema sbagliato1. Tuttavia, malgrado questa mia convinzione, io avrei conservato gli apostrofi indicanti aferesi a principio di parola, se nel testo del Basile l’uso di essi fosse stato costante2. Il che non è; l’uso di essi vi è, anzi, raro, saltuario, illogico. E, se da una parte, conservare questo capriccio era una vera superstizione, dall’altra, non potevo estendere e ap-
- ↑ Cfr. G. Capone, L’ortografia del dialetto napol. in Giamb. Basile, Arch. di letter. popol., A. II (1884), n. 5; al quale mi sottoscrivo.
- ↑ Il Sarnelli disconobbe del tutto la ragione di questi apostrofi, e quando mostrò di credere che il Basile «scagno de le doje mm, doje nn..., a chelle parole però che non l’hanno pe natura loro, nce ave puosto no cierto segno, che no grieco lo chiammarria spireto, azzò che nce dassero chella bottecella, che chissà nce vonno dare co tanta mm, e tanta nn» (Avv. di Masillo Reppone, all’ed. 1674). Una critica vigorosa fa su questo punto l’Oliva, ms., c., pp. 44-56.