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introduzione | clxxxiii |
ciò che pare errore, non è invece, spesso una semplice nostra ignoranza? In questi dubbii, il meglio è di non alterare nulla, fornendo al lettore ed allo studioso tutti gli elementi necessarii pel suo giudizio. Qualche erroruccio, che si poteva correggere, è un piccolo male, in confronto del male che, forse, si farebbe col sopprimere forme, che potrebbero importare al filologo, per la storia del dialetto, o per lo studio della parola. Alle negligenze del testo lasciate intatte può rimediare facilmente da sè il lettore intelligente; ma per restituire il testo vero, alterato dalla smania del correggere, bisognerebbe procurarsi l’edizione originale, ch’è cosa tutt’altro che facile
Per queste ragioni, io ho seguito l’edizione del 1634-6, senza alterare correggere nulla, tranne qualche evidente errore di stampa, e accettando, qua e là, come correzione, qualche variante tratta dall’edizione parziale del 1637, dalle correzioni del Sarnelli, come ho sempre notato. Ho conservato finanche le anomalie e le varietà ortografiche; cosicchè si troverà, per es., a lo, e allo, cuorpo e cuerpo, uorco ed uerco, dinto, drinto e dintro, ciardino e giardino, doi, dui e due, ecc. ecc., per quanto alcune di queste varietà propenda anch’io a crederle effetto della negligenza dello autore o del correttore.
I soli cangiamenti, fatti da me, sono i seguenti: ho tolto gli h inutili; ho diviso i nessi alo, delo, al’ in a lo, de lo, a l’, ecc; ho cangiato il nesso ti in zi, quando si pronuncia come tale; ho conservato l’uso tipografico dell’j tra due vocali, solito in tutte le edizioni del Ba-