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introduzione | clxxiii |
La fiaba del Chat Botté, — una delle fiabe più antiche e fondamentali, dice il Grimm — , è rappresentata nel Cunto delli Cunti da Cagliuso (II, 4). Gli stivali appaiono nella versione francese, e sono un tratto molto grazioso, ma non essenziale. La versione più antica è quella dello Straparola (XI, i). Una donna, madre di tre figliuoli, venendo a morte, lascia al primo dei figli un alburlo, al secondo una panara, e al terzo una gatta soriana. I due primi, col prestare i due oggetti, trovano il modo di tirare innanzi la vita; non così il terzo, Costantino, colla sua povera gatta. Ma la gatta era fatata, e prende a proteggere Costantino. Uccide, per esempio, una lepre e la porta al re, come dono del suo padrone: il re le fa assai accoglienze, le dà da mangiare e da bere; ed essa riempie la sua bisaccia ed approvvigiona Costantino. Poi, un giorno, lo fa gittare nel fiume, presso il palazzo reale, e grida all’aiuto: il Re manda gente ad aiutarlo, e la gatta, con una vera simulazione di reato, racconta che era stato assalito da alcuni ladroni e spogliato delle sue gioie. Costantino è fatto rivestire, ed è riccamente regalato. E il re, nella credenza che colui fosse un gran signore, gli dà la figliuola per moglie. Partono gli sposi, e la gatta li precede, e, con un suo stratagemma, fa dire a tutta la gente dei luoghi, pei quali passa la comitiva, che quelle sono terre di Messer Costantino. Finalmente, lo conduce a un bel castello, del quale, per lo stesso stratagemma, lo dice signore. Ed, essendo morto,