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clxx | introduzione |
cunto: nell’VIII della G. II, dove si racconta che Lella fa una figlia: «a la quale puosto nomme Lisa, la mannaje a le fate; la quale ognuna le dette la fatazione soja; ma l’utema de chelle, volenno correre a vedere sta peccerella, sbotatose desastrosamente lo pede, pe lo dolore la jastemmaje: che a le sette anne, pettenannole la mamma, se le scordasse lo pettene drinto a li capille mpizzato a la capo, de la quale cosa moresse». E la fiaba ha altri punti di somiglianza con quella di Sole, Luna e Talia.
Il re padre prende ogni sorta di precauzione, perchè non ci sia una sola conocchia nel castello. Ma un giorno, Talia vede passare una vecchia che fila, vuol vedere la conocchia, si punge e muore. Il padre la fa collocare su di un trono, e abbandona il palazzo. Ma, qualche tempo dopo, a un re, che va a caccia, per quei luoghi, sfugge un falcone, che vola a posarsi su una delle finestre del castello abbandonato. Il re batte alla porta: nessuno risponde. Entra, e trova Talia addormentata. E, invaghito della sua bellezza, cosi, addormentata, egli la gode, e se ne riparte. Dopo nove mesi, Talia, sempre addormetata, partorisce due figli, che due fate le pongono al petto. Ma una volta che i bambini non riescono a trovare il petto materno, le prendono il dito, e succhiano, e le traggono l’aresta, ed ecco, Talia si sveglia. Il Re torna qualche tempo dopo; trova i due bambini. Sole e Luna, e promette di venire a ripigliarli. Ma la Regina penetra la cosa; e cerca (come nella fiaba francese) di fare ammazzare e cucinare i due bambini: il che le riesce vano.
«Ciò che mi sembra più notevole, — conchiude il