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cxlviii introduzione


A questo punto il Wieland cessa di seguire il Basile, il quale conchiude coll’andata del Re, padre di Vastolla, al castello degli sposi, e col riconoscimento tra di loro colla pace e la felicità di tutti. La terza parte del racconto del Wieland narra, invece, come, dopo qualche settimana, quella vita di piena e tranquilla felicità cominciasse ad annoiare Vastolla. E, facendo fare a Peruonto un continuo uso del dono delle fate, ora vanno al festino del Re a Salerno, ora corrono a Napoli a menare gran pompa di vita, ora si trovano a Venezia per la festa del Bucintoro, ora invitano una gran società al loro castello, tra la quale Vastolla ha occasione d’innamorarsi d’uno degl’intervenuti, e procurarsi un amante. Finalmente, Vastolla domanda a Peruonto di poter fare da sola un viaggio a Sorrento, e gli chiede una borsa di denaro, che non s’esaurisca mai. Peruonto acconsente; ma, appena restato solo, si volge alle fate, supplicandole di riprendere il dono, che gli avevano fatto:

 
                              Hort mich, ihr gute Feen,
          An denen ich, trotz meinem bessern Sinn,
          So oft durch Wünschen mich vergangen,
          Hört meinen letzen Wunsch! Nehmt Alles wieder hin
          Was ich von euer Huld empfangen,
          Und jetzt in diesem Augenblick
          Mich, in den Stand, worin ich war, zurück,
          Als ich zu wünschen angefangen!


Le fate acconsentono, e tutto sparisce, e Vastolla si ritrova alla Corte del padre, come se niente fosse, e Peruonto di nuovo colla vecchia madre, solo restandogli, di tutto ciò che aveva ottenuto, l’intelletto.