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introduzione | cxxxvii |
Oltre ch’ei pute come una carogna,
Ed è più nero della mezzanotte,
Ha il ceffo d’orso e il collo di cicogna,
Ed una pancia, come una gran botte:
Va sui balestri, ed ha bocca di fogna,
Da dar ripiego a un tin di mele cotte:
Zanne ha di porco, e naso di civetta,
Che piscia in bocca, e del continuo getta.
Gli copron gli ossi i peli delle ciglia.
Ed ha cert’ugna lunghe mezzo braccio:
Gli uomini mangia, e, quando alcun ne piglia,
Per lui si fa quel giorno un Berlingaccio,
Con ogni pappalecco e gozzoviglia;
Ch’ei fa prima col sangue il suo migliaccio,
La carne assetta in varii e buon bocconi,
E della pelle ne fa maccheroni!1
Queste imitazioni sono, a dir vero, abbastanza infelici, e nè conservano l’intonazione dell’originale, né lo variano con una nota nuova e sentita.
Ma l’efficacia che ebbe il Basile a Napoli, sugli scrittori napoletani, fu anche maggiore. Egli fu, come a dire, il Dante del nostro dialetto: e fissò la varia e ricca lingua napoletana; cosicchè gli scrittori posteriori, — come capita spesso di riconoscere — , mostrano aver studiato piuttosto le sue opere che il vivo linguaggio del popolo2
- ↑ Malm., VII, 53-5.
- ↑ Ciò osservava anche l’Oliva nella sua Grammatica ms.: «Non essendovi altri più accreditati e migliori scrittori, che gli avvisati
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