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cxxxiv introduzione


Parrà strano che il Lippi avesse bisogno di ricorrere al Cunto de li Cunti per cavarne la materia delle fiabe popolari, che introdusse nel suo poema. Le fiabe, che racconta il Basile, — si dirà giustamente — , sono una ricchezza comune a tutti, un patrimonio d’ogni popolo, e che nel seicento vivevano certo a Firenze, come a Napoli. Ma il Basile col suo libro rivolse l’attenzione del pubblico, distratta in altro, su quelle fiabe, e dette, a molte di esse, una forma definita ed artistica. Cosicchèé, parvero una novità, ed erano certo una rivelazione.

Nessuno ha indicato finora precisamente e completamente le imitazioni del Lippi dal Cunto de li Cunti. Esse si riducono a tre punti. Il secondo cantare del Malmantile è una versificazione esattissima del T. IX della G. I del Cunto de li Cunti. In questo Trattenimiento si racconta come, non potendo una regina aver figli, un sapientone indicasse al re un rimedio per produrre la gravidanza; che era di far mangiare alla regina un cuore di dragone, cucinato da una donzella. La regina s’ingravida, ed anche la donzella, e hanno due figli, similissimi, ai quali mettono nome Fonzo e Canneloro. L’odio della regina costringe Canneloro a spatriare; ma, nel partire, egli indica, al suo quasi gemello, il modo di venire a conoscere se egli stesse bene, o se incontrasse perigli, o se, addirittura, fosse morto. Canneloro va; vince una giostra, alla quale era posto per premio la mano della figliuola del re; e sposa costei. Ma, andando a caccia, prende a seguitare una cerva fatata, ch’era viceversa un orco; che lo tira dietro sè, e lo rapisce. Fonzo ha notizia del pericolo di Canneloro; si mette in viaggio; in-