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cxxiv | introduzione |
sunta verso la sua materia; posizione che ci siamo sforzati finora di determinare. Il Basile riorganizzava, e rifaceva l’esposizione popolare, secondo gli ideali di una prosa più riflessa; come poi adoprò anche il suo imitatore, Pompeo Sarnelli. Ma il Sarnelli, scrivendo a modo non perfettamente popolare, ha un suo periodare regolare e logico; laddove il Basile affastella le frasi popolari in lunghi periodi, poco connessi come pensiero, e poco piacevoli come armonia. Il Liebrecht ha notato che lo stile del Basile ha una sovrabbondanza stucchevole di costruzioni partecipiali; che le sue proposizioni sono piuttosto appiccicate che connesse; che cominciano spesso colla stessa parola, per lo più ma; cosicchè lo stile spesso manca di rotondità e di varietà1. Ed ha ragione. L’esposizione dei suoi cunti soffre anche d’una certa mancanza di rilievo e di distacco. In un sol periodo, talvolta, s’iniziano e svolgono e compiono lunghe azioni. E si va innanzi senza quei riposi, che la fantasia vede tra le varie azioni, e che vuol sentire nell’andamento dello stile.
Vittorio Imbriani diceva che i difetti dello stile del Basile in massima parte sparirebbero con una buona interpunzione, sostituita a quella, orrida, delle antiche edizioni. In questa nuova edizione, la punteggiatura è tutta rifatta; ma i difetti dello stile del Basile non sono spariti se non in piccola parte, perchè sono difetti intrinseci, della costruzione del periodo. È giustizia, invece ricordare che l’opera del Basile fu pubblicata postuma, o che l’autore non v’aveva dato l’ultima mano2.