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introduzione | cxxi |
non sembrano punto assurdi.....1». E, nella prefazione alla traduzione del Liebrecht, stampata il 1846, dopo averne riconosciuta la superiorità sullo Straparola, soggiunge: «Quando vi si acquisti una certa famigliarità, l’esposizione veramente attraente di queste fiabe reca un gran diletto. Come sono inesauribili, per esempio, le svariate espressioni, colle quali si dipinge ogni volta il far dell’alba e il tramontar del sole! Si possono trovare queste espressioni spesso fuor di luogo; ma, quasi sempre, appariranno ingegnose, e, in sè stesse, esatte. Nelle graziose e svariate immagini si ritrae il rumoreggiare e il mormorare dei ruscelli, la profonda oscurità delle selve, e il cantare degli uccelli; nel mezzo della pompa orientale, si percepiscono le più lievi voci della natura. Il discorso scorre ricco di paragoni, giuochi di parole, proverbii, rime..., ed anche qui, come nelle schiette fiabe di tutti i luoghi, quando la narrazione giunge ai punti importanti e decisivi, ricompariscono semplici, ma inimitabili rime, che fermano l’attenzione del narratore, e, nel tempo stesso, dell’uditore. Cosi in Peruonto:
Damme passe e fico,
Si vuoi che te lo dico!
e nella Schiavottella;
Chiave ncinto,
E Martino drinto!
e nella Cenerentola:
Spoglia a me,
E Vieste a te!2
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