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introduzione cxv

E così continua ancora per un pezzo, confrontandosi di tutto punto colla poesia del Cortese. E l’imitazione a me sembra, come dicevo, lampante1.

Se non che, nè gl’indizii accennati dal Liebrecht, nè questa imitazione del Cortese, — la quale indicherebbe che il Rabelais era noto in Napoli nel principio del seicento in quel gruppo letterario, donde appunto uscì il



  1. Ho avuto la fortuna di trovare, nella Bibl. di S. Martino, un rarissimo opuscoletto del seicento, intit: Istoria | Ridicolosissima Napolitana del | Dottor Pugliese | Dove si indendono (sic) gli avvertimenti che | dà il detto Dottore ad un Giovane, | che desiderava pigliar moglie | In Napoli Con licenza de’ Superiori; di dodici facciate, con una rozza vignetta sul frontespizio, arieggiante ai soliti libercoli popolari. Contiene un poemetto di 44 ottave, che non è se non una parafrasi e trasformazione della bella poesia del Cortese. Basti dire che comincia:

    Parlaje no juorno a lo Dottor Pugliese,
         Che utriusque juris è dottorato;
         Per cortea me cercaje no tornese,
         Ca canoscette ca stea nnamorato;
         Ed io li disse: Te faccio le spese,
         Dimme si è buono ad essere nzorato.
         Me respose, decenno: A la buon’ora.
         Si tu non sì nzorato, e tu te nzora!


         Questo poemetto, per quanto ne so io, non s’è perpetuato, come tanti altri simili, nella biblioteca del popolo, e non si ristampa più. Ma porge egualmente un bell’esempio del modo, nel quale, passando per varii tramiti, l’invenzione di uno scrittore straniero possa divulgarsi presso la plebe di un altro popolo. Dal Rabelais al Cortese, dal Cortese, all’anonimo versificatore, e da questi al patrimonio popolare, ai canti, ai proverbii, alle facezie, ecc.