mette a riempire d’olio un orciuolo, che aveva portato. E, mentre era quasi a capo della sua fatica, un ragazzotto, paggio della corte, tira un sassolino all’orciuolo, e lo rompe. La vecchia esce in un profluvio d’improperii; il ragazzo risponde per le rime; la vecchia, fuor di sè per la rabbia, fa un atto sconcio, alzandosi la veste; e la principessa, ch’era alla finestra, scoppia in una grande risata. Alla risata si rivolge quella, inviperita, e le dà la maledizione: che non possa trovar requie se non sposa il Principe di Camporotondo! E Zoza, spinta dalla forza della maledizione, si mette in viaggio verso Camporotondo. Il Principe di Camporotondo, anche per una maledizione, giace addormentato in una tomba, sulla quale è posta un’anfora, con un’iscrizione che dice: che la donna che riempirà di lagrime quell’anfora, lo farà risuscitare e lo prenderà per marito. Zoza si mette all’opera, e, piangendo, ha quasi ripiena tutta l’anfora; quando, colta dal sonno, s’addormenta. Una schiava, ch’era stata a spiare, coglie quel momento, vien fuori, si reca in mano l’anfora, finisce di colmarla, e subito il Principe si sveglia, e l’abbraccia, e la fa sua sposa con grandi feste. La povera Zoza, disperata, ricorre all’uso di tre oggetti fatati, datile da tre fate nel suo viaggio: l’ultimo dei quali è una bambola, alla quale ordina, che, venuta in possesso della schiava, debba metterle in seno un gran desiderio di sentire cunti. Cosi succede, e il Principe, per contentare la moglie, fa venire dieci vecchie, delle migliori novellatrici del suo regno, a raccontare fiabe. E queste vecchie, per cinque giorni di seguito, raccontano ciascuna un cunto. Nell’ultima giornata