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xcviii | introduzione |
Ma il Basile non era nè l’uomo del secolo xviii, ne il romantico del secolo xix, e il conte philosophique, o la fiaba rivissuta, non entravano nel suo campo spirituale. L’abbiamo già detto: il Basile era un letterato seicentista, e alle cose del popolo prendeva quell’interesse che solo poteva prenderci un letterato seicentista. Lo attiravano lo strano, il goffo, l’assurdo, motivi per lui di comico spiritoso! E, per bizzarria, porse orecchio attento a questi cunti, che soleno dire le vecchie pe trattenemiento de peccerille; e, per bizzarria, prese poi a ripeterli, a volta facendo mostra di obliarvisi e interessarvisi, cosicchè per la sua bocca parla il popolo in tutta la serietà del suo sentimento, a volte tornando sopra sè stesso, e scherzando e facendone la caricatura.
Per quanto questi sentimenti paiano, a prima vista, contraddittorii, per tanto essi sono sinceri e reali. Il sentimento ha di queste stranezze e di questi ondeggiamenti; ed è naturale che l’opera d’arte, — ritraendo non la verità logica, ma, semplicemente, la verità psicologica — , li rispecchi fedelmente. Il Basile non ripete commosso e ingenuo le fiabe dell’infanzia, e neanche le fa oggetto di uno scherzo e di una parodia, che sarebbero davvero sine ictu. Egli rappresenta, e, talvolta, scherza. E nei trattenemienti del Cunto de li Cunti, par di vedere, a volta a volta, ora la faccia grinzosa di una delle vecchie novellatrici; ora il volto arguto e ridente del Cavalier Basile.
l'animo a forza umiliato a godere di quelle immagini fanciullesche, che mi rimettevano nel tempo della mia infanzia» (Le Fiabe di C. G., ediz. Masi, Bol., 1885, I, 27).