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xcvi introduzione

Ferrara, e sono state recentemente studiate1; e molte altre ancora sarebbe agevole scavarne nella gran congerie dei nostri libri di novelle. E, finalmente, nel secolo decimosesto, ci fu uno scrittore, Giovan Francesco Straparola da Caravaggio, che, nelle sue Piacevoli Notti (prima ediz., 1550, 1553), di molte sue novelle tolse la materia da fiabe e facezie popolari2; tanto che, per questo rispetto, può riguardarsi come il precursore del Basile. Ma, negli scritti di costoro, le fiabe sono modificate, regolarizzate, svisate. Essi le atteggiano a novelle cittadine, le spogliano, per quanto possono, del meraviglioso messovi dalla fantasia popolare, e, infine, le raccontano sempre col rigido vecchio stile dei novellieri italiani. Dello Straparola dissero giustamente i Grimm: «Si sforzò di narrare secondo il modo solito e prestabilito, e non seppe far risuonare una nuova corda»3. E si può dire che, con essi, le fiabe entrarono bensì nel campo della letteratura, ma vi entrarono di nascosto, inosservate, camuffate delle consunte vesti degli epigoni Boccacceschi. Invece, col Cunto de li Cunti fecero un ingresso aperto,



  1. Cfr. G. Rua, Novelle del Mambriano del Cieco da Ferrara, esposte ed illustrate, Torino, Loescher, 1888.
  2. Sullo Straparola, basti citare l’importantissimo studio del Rua, Intorno alle Piacevoli Notti dello Straparola (in Gior. stor. lett, ital., XV, 111-151, XVI, 218-283).
  3. «...,nach der gewòhnlichen ausgebildeten Erzählungsart strebte, und eine neue Saite anzuschlagen nicht verstand» (Kinder-und Hausmärchen, gesammelt durch die Brüder Grimm, 3," ed., Göttingen, 1856, III, 291). Cfr. anche Imbriani, l. c., II, 446.