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introduzione xciii

E ho riferito anche quest’ultimi versi goffi e sporchi, perchè si vegga un difetto del Basile, ch’è comune quasi a tutti i nostri scrittori dialettali, i quali, movendo dal pensiero, che il popolo sia grossolano (cosa vera in certi limiti e in certi casi), gli mettono in bocca sconcezze, anche in situazioni, nelle quali il sentimento popolare sa essere fine e delicato, quanto quello di qualunque poeta!

Ma, da parte i difetti, che verità d’osservazione, che brio, che fertilità d’immaginazione! Con questo fervore d’ingegno, e copia e vivacità di lingua, sono descritte tutte le varie scene delle nove egloghe.


L’anno dopo si compieva la stampa del Cunto de li Cunti. Il Farina pubblicava la Quinta Giornata, pei tipi del Beltrano, dedicandola a «Don Felice Di Gennaro, nella sacra Theologia maestro e del santo Ufficio consultore»1.

L’operetta piacque moltissimo, e l’edizione andò a ruba. Queste novelle, — dice l’editore — , furono «con tanto appluaso ricevute dal mondo per le maniere dei lumi e degli artifici poetici, e per lo nuovo genere, che saranno, si come io credo, immortali!». E, trovandosi esauriti i



  1. Ut supra. — Jornata quinta. In Napoli, appresso Ottavio Beltrano, 1636, con lic. dei sup., di pp. 96 numm. La ded. ha la data del 20 luglio 1636. In alcuni esempl. di questo volumetto sono inseriti dopo la dedica due sonetti napoletani (v. s. p. LXXXIV) e una canzone di Giulio Cesare Cortese: Conziglio dato da lo Chiajese, della quale si discorrerà più oltre.