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ogni frutto dei tanti inauditi sforzi, che occorrono per presentare solamente i loro lavori al pubblico. E per tal modo chi sa quanti ingegni sono dalla fortuna condannati a dolorosa sterilità, che altrimenti, potendo esperimentare più volte le forze loro, sarebhero divenuti i più chiari e validi sostegni dell’arte! Ma quale impresario è oggi che non si sgomenti, e non dia perpetuo bando a quel maestro, il quale dopo una o al più due prove non abbia conseguilo pienamente il successo desiderato? Sicché non il buono, ma l’ottimo soltanto ottiene l’intento. Il prezzo esorbitante degli spettacoli musicali scusa l’avarizia degl’impresarj, non però la poca loro sagacità.

Il naufragio di Un Giorno di regno aveva fallo dimenticare il felice viaggio dell’Oberto Conte di San Bonifazio, e tolta al Verdi ogni possibilità dì più avventurarsi sul procelloso maro del teatro. Animato non ostante dalla speranza, aveva accettalo dal Solera il libretto Nabucodonosor, dal Nicolai rifiutato. Lo musicò a tempo avanzato, ed a solo sfogo della sua fervida fantasia: e se per fortuna non trovava chi rimanesse per lui pagatore presso un certo impresario, questo spartito sarebbe forse tuttavia riposto nel portafoglio d’un oscuro organista di Busseto.

Ecco brevemente in che modo il Solera immaginò l’argomento del suo melodramma. Nabucodonosor, re di Babilonia, vincitore contro gli Ebrei, penetrato nel sacro tempio, sta per compiere l’estremo eccidio; ma veduta la propria figlia Fenena, capitata alle mani del pontefice Zaccaria, minacciata di morte, sospende il