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lia ora —. Il Consiglio scolastico appose sotto l’autorevole firma il suo sigillo d’ufficio — ufficio di Italia ora — e fece circolare il documento, divenuto ufficiale, da famiglia a famiglia, con pieno successo. La scuola italiana fu disertata. Chiusa la parentesi). La scolaresca di Laghetti, ordinatamente, se ne andò alle lezioni tedesche di Egna e di Salorno. Il Commissario generale civile, allora, applicando i regolamenti austriaci vigenti, impose una multa alle famiglie che non mandavano i loro figli alla scuola del paese. Era la fine della rivolta. Le cose rientravano nell’ordine e i ragazzi nella scuola. La battaglia del Deutscher Verband pareva perduta.

No. Rimaneva al Verband di farsi valere, per dirla come Rabagas, nel solo punto del mondo dove i suoi meriti fossero riconosciuti: a Roma. Scavalcando il Commissario civile, ricorse al Governo e sfoderò una comoda vecchia e ignota decisione del Consiglio di Stato di Vienna secondo la quale la nazionalità dei felici sudditi della duplice Monarchia, nazionalità che per legge era definita dalla lingua d’uso, poteva, occorrendo, essere anche stabilita a scelta degli interessati. L’autorità del benemerito e defunto Consiglio di Stato di Vienna è troppo grande sulle cose italiane perchè il Governo d’Italia non riconoscesse immediatamente che tutti gl’italiani di Laghetti sono semplicemente dei tedeschi. Se parlano italiano è per un lapsus linguae che bisogna correggere. L’imposizione delle multe