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nisti, riuniti in una lega anti-italiana col nostro benevolo e tacito riconoscimento, guidano la vita politica e amministrativa della provincia; che il processo di germanizzazione degli Italiani e dei Ladini continua indisturbato; che il popolo atesino, bonario docile e disciplinato, rimane sotto al controllo dei nostri nemici come se non avessimo vinto. Noi non abbiamo stabilito lassù altro regime che quello di una aspettante inerzia; i nostri nemici al potere agiscono nell’orbita della legalità poiché sono l’autorità riconosciuta; la lotta contro l’italianità rimane una funzione naturale di ufficio: sotto la nostra sovranità nominale si prepara così apertamente e serenamente la disannessione, senza urti e senza fretta, la disannessione «che verrà da sè». E tutto ciò assume gli aspetti della più perfetta normalità, è l’espressione di un ordine meticoloso ed esemplare, sul quale riposiamo. Diciamo subito che questa placidità esteriore peggiora il male.

Lo peggiora perchè non ci lascia sentire tutta la necessità della cura immediata. Nell’ora agitata che viviamo sono troppi i pericoli precisi e imminenti che ci spronano alla ricerca affannosa dei relativi rimedi, è troppo l’improrogabile che fissa la nostra ansietà perchè non ci sentiamo propensi a rimandare indefinitamente le soluzioni che non si presentano legate ad una data fissa, che non impongono con una crisi insostenibile la loro scadenza. Badiamo: l’ordine alto-atesino è uno stupefa-