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Oslavia è — lo abbiamo già detto — una soglia fra i due pilastri del Sabotino e de Podgora, e non ha che la importanza di un passaggio. È una posizione di transito non un posizione di appoggio, di comando, di solidità. Essa apre una strada al dominio di Gorizia, ma il dominio è al di là. Per essere utilizzata Oslavia deve essere varcata. Non permettendoci le circostanze di inoltrarci, poco importa che le trincee in quel punto siano trecento metri più avanti o trecento metri più indietro.

Per sè stessa Oslavia non controlla alcun settore, non si impone da nessuna parte, non ha forza propria; è una strana bassura ondula e varia, un labirinto di collinette, di costoni, di burroncelli, di greti, di vallette, sul quale tutti e due gli avversarii possono battere con piena efficacia. La facilità relativa con cui Oslavia è presa e ripresa, dice la difficoltà di tenerla. Nessuna occupazione può mettervi solide radici.

Ma se l’azione di Oslavia non è che un episodio nel quadro della guerra, essa ha un interesse profondo per i suoi caratteri, per sua intensità, per l’esempio singolare che offre dei sistemi odierni di combattimento, per l’eroismo di cui era tutta vampante, per la sua feroce bellezza.

Oslavia aveva per noi il difetto di tante posizioni prese d’impeto, in avanzata. Non possedeva immediatamente alle spalle tutto quel