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78 la lotta a oslavia

Kuk, verso Plava, sul Monte Santo, sul Sabotino, sul San Gabriele, a Gorizia, battendo le posizioni di Oslavia di fronte, d’infilata, alle spalle anche.

Appena il giorno cominciò a schiarire il cannone si destò. Scendeva una pioggia fine c gelata, e l’ululato dei proiettili pareva un fantastico lamento delle nubi basse. Gli ammassamenti delle nostre riserve erano celati a quando a quando nel fumo. Le difese austriache parevano moltiplicarsi con l’aumentare della luce. Gradatamente nuove e nuove linee escivano dall’ombra, rivelandosi in successione sui declivi. Si poterono contare, in alcuni punti, fino ad otto ranghi di trincee, disposte come i fiiai i di una vigna, alternate ai reticolati. Come sarebbe passato l’assalto?

L’attesa era lunga, opprimente, affannosa; pareva ad ogni minuto si prolungasse, pesante, incalcolabile. Al di là di Oslavia biancheggiava Gorizia, pallida nella pioggia, ma vicina. Si sarebbero potuti numerare gli alberi dei suoi filari, lungo lo stradone del borgo Caririzia, avanti alla stazione ferroviaria. Ad un certo momento si è udito l’urlo lungo e musicale di una sirena di opificio.

Il fuoco aumentava di intensità; nuove batterie entravano continuamente in azione; le granate piombavano a raffiche sulle posizioni, sui rovesci, al di qua, al di là, per tutto. Nembi di schegge, di sassi, di terra, arrivavano frul-