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74 la lotta a oslavia

raggio d’azione delle mitragliatrici nemiche. Ma il silenzio gravava ancora assoluto sul grigiore torpido della mattina invernale.

Ed ecco che a poco a poco le brume si diradavano, si sollevavano, scoprivano sfondi tetri, valloncelli oscuri che davano un’impressione di freddo, rivelavano fianchi squallidi di alture desolate. Era un succedersi monotono di piccole vette denudate; tutto un paesaggio a onde, triste, gelido, scolorato: un labirinto di costoni e di forre. Si direbbe che, fra il Sabotino e il Podgora, quella singolare apertura di Oslavia sia dovuta a un crollo della cortina dei monti. Vi è infatti come un disordine di caduta, un frastagliamento di dissoluzione.

Sassoso, sterposo, cinereo, imponente, il Sabotino strapiomba a settentrione. Nell’innalzarsi lento della nebbia pareva che sorgesse, la grande montagna fortificata, scoscesa, brulla, violenta, vicina, sempre più alta a misura che le filacciose mollezze dei vapori salivano verso la vetta velata. Le collinette di Oslavia sotto al Sabotino fanno pensare a dei marosi ai piedi di uno scoglio.

Si scorgevano sui declivi della montagna i passaggi coperti del nemico, lunghi camminamenti riparati da muri o da frasche, biancheggianti di pietrame o segnati in nero da sterpaglie secche intrecciate, dietro alle quali gli austriaci si muovono invisibili. Una trincea sterminata, che scendeva dall’alto in bas-