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I cinque erano travestiti perfettamente da albanesi e armati di Mauser. Interrogati non si giustificarono. Si limitarono a dichiararsi greci e a chiedere il rimpatrio. Riconosciuto che realmente erano greci, travestiti da albanesi e muniti di armi per ragioni che sarebbe stato indelicato da parte nostra di penetrare, li rimpatriammo.

Ah, se l’esercito alla frontiera si è trovato, specialmente nei primi mesi della guerra, entro una rete sottile di abile spionaggio, la marina doveva accorgersi di aver intorno a sè la più vasta cospirazione della malavita dei mari che si potesse immaginare, con un’attiva collaborazione di malavita terrestre. I contrabbandieri, i trafficanti clandestini, gli armatori dai commerci inconfessabili, privati dalla guerra dei loro onesti guadagni, compensarono i lucri perduti mettendosi agli ordini degli agenti nemici che pullulavano ovunque ai primi tempi, sopra tutto nei piccoli centri sulla costa, persino presso certe nostre gelose stazioni radiotelegrafiche. Oh, l’organizzazione!

Le segnalazioni luminose al nemico erano non soltanto viste con frequenza, ma persino raccolte dalle nostre navi, che si trovavano così in possesso di interi messaggi indecifrabili: gruppi di lettere e gruppi di numeri. Si credeva nell’opinione pubblica un po’ all’ossessione dello spionaggio, perchè i particolari non arrivavano al pubblico. Una notte una nave