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312 lettere dal mare


crofono il cui imbuto si volge come un orecchio sulla prora, ma il rumore si estingue in direzioni imprecisabili. All’alba non c’è più niente fuori. Soltanto le navi ospedali, coperte di croci rosse, sfidano la luce. Ed è impressionante il movimento sanitario della marina austriaca.

Si direbbe che tutti i transatlantici dell’impero, trasformati in ospedali, bastino appena al pietoso lavoro. Per un fenomeno veramente inesplicabile, quando si presume che vadano vuoti a prendere feriti, sembrano invece pieni fino all’estremo limite della loro galleggiabilità, gravati come se i medicinali — certo si tratta di medicinali — pesassero quanto un carico di cannoni e di munizioni.

Nelle vicinanze dei porti avviene di tanto in tanto ai sommergibili di avvistare pure una coppia di piccole torpediniere che ha uno strano contegno. Le due siluranti vanno adagio adagio, affiancate come due paranzelle alla pesca. Sembrano perfettamente disposte a lasciarsi silurare. Il sommergibile si prepara, si slancia, manovra, si avvicina, guarda meglio. E fugge. Le torpediniere trascinano qualche cosa, un apparecchio sommerso retto da galleggianti che guizzano sopra una larga estensione. Qualche sottomarino italiano che ha voluto spingere a fondo l’attacco ha rischiato di rimanere annientato.

I sommergibili italiani e alleati nell’Adria-