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gli avventurieri dell’abisso 311


seguono, eguali, melanconiche, e a poco a poco il desiderio si fa rabbioso, diventa un bisogno; si vuol forzare la mano al destino, e il sommergibile accosta alla terra la sua crociera, lentamente. Osserva i semafori, cerca di riconoscere i posti di vedetta, conta i treni che passano lungo una ferrovia costiera. Cosa fa il nemico? Dove sono le sue navi? Gradatamente il sottomarino raccorcia le distanze, calcola la posizione probabile degli sbarramenti per evitarli, vuole arrivare all’estremo limite delle acque libere per esplorare l’interno di un porto. Subitamente si accorge che naviga fra le mine, attraverso filari di cavi d’ormeggio, come in un’oasi dalle palme sottili sottili coronate da un fiore di morte.

Il «V.L.A.» si avvicina alla costa, che appare ora a picco, altissima, soleggiata e brulla. Par di udire di quando in quando un remoto brontolìo di eliche, ma nessuna nave spunta da dietro al promontorio.

Il loro piccolo traffico gli austriaci lo sbrigano alla notte. Di notte i sommergibili sentono passare qualche volta piroscafi invisibili che vanno terra a terra a tutta velocità. Del cacciatorpediniere di scorta filano così vicini che si ode sull’acqua il sonoro lamento dei loro ventilatori, ma non si scorge niente. Non è impossibile che arrivi allora, lieve e remoto, il rumore caratteristico di un sottomarino nemico. Si cerca di seguirlo orientandosi col mi-