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SOTT’ACQUA.

Giugno.

Il sommergibile «V.L.A.» naviga a venti metri di profondità sotto ad una probabile rotta del nemico. È disceso di colpo, per provarsi, ed ora va lentamente fra due acque, aspettando.

È abituato alle lunghe pazienze. Sembra pieno di sonnolenza. Per le solide porte delle paratìe aperte lo sguardo corre da un capo all’altro del battello illuminato. È un corridoio stretto, ingombro, bizzarro, afoso e senza fine. Si prolunga smisuratamente fino a delle incertezze di ombre, per uno stravagante effetto di prospettiva prodotto dall’affusolarsi della sua sagoma. Si intravvedono degli uomini che fanno pigri gesti sotto al riflesso di lampade lontane. Si muovono con una specie di cautela, incastrati fra luccicori di meccanismi. Si curvano sulle dinamo massicce, passano lente carezze sulle complicazioni dei motori a nafta, le cui oleose batterie di cilindri tramandano ancora l’odore caldo e greve della loro fatica.

Verso la prora biancheggiano delle cuccette. Dalla estrema punta arriva un tintinnìo di stoviglie: qualcuno mette dell’ordine nella dispen-