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284 lettere dal mare


ad una costa, fu sorpreso da un sottomarino nemico che si era avvicinato sott’acqua. Quando il periscopio fu avvistato, l’equipaggio era in parte sul ponte; poteva salvarsi facilmente gettandosi a nuoto. Non volle cedere. Accettò la lotta disperata. Gli uomini rientrarono nello scafo, chiusero i portelli sulle loro teste e manovrarono per l’affondamento. Troppo tardi. Avevano chiuso il loro sepolcro. Il battello era già una tomba di eroi. Il siluro che stava per colpirlo era scoccato. Così finì il «Nereide».

— Vedette, attente!

Il «V.L.A.» ha delle oscillazioni lente che fanno pensare ai movimenti di un nuoto. Il ponte sottile ed arcuato pare voglia sfuggire di sotto ai piedi, e istintivamente le mani si aggrappano ai bordi del frangiflutti, intorno alla torretta. La prora affusolata, tagliente e nera, si protende sul mare buio con una indicibile espressione di slancio e, piena di una non so quale volontà veemente, di quando in quando si tuffa come il muso di un delfino. L’acqua allora sale spumeggiando sul ponte. Simili a larghe pinne aperte, i timoni orizzontali tagliano i flutti.

Ormeggiato nel porto, il sommergibile ricordava ancora un po’ la nave; pareva una specie di torpediniera, snella, bassa, strana. Ma ora no; navigando nella notte, col suo corpo slanciato da siluro, svelto, snello, nudo, col suo dorso arcuato e lungo, non è più una na-