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282 | lettere dal mare |
lunga pausa. — Sono lampi di un temporale lontano. Non esciranno. Non si rischiano più... Che ora è?
La luce pallida della luna permette di decifrare l’orologio.
— Le due e mezza.
— Vedette, attente!
Il gruppo statuario dei marinai addossato alla torretta si scuote, cambia posa, si fissa. Succede un incommensurabile periodo di immobilità e di silenzio. Ogni sguardo ha il suo settore di vigilanza. Tutta la vita è negli occhi. Un sommergibile che naviga alla superfice è sempre in pericolo.
Sorpreso così, se non fa in tempo a sparire affondandosi, è morto. Non ha difesa. A galla è disarmato e fragile; esso è un povero anfibio inerme e vulnerabile sulle onde, terribile sotto.
Ed è condannato a venire su, a scoprirsi, a profittare della notte o della distanza per rinnovare le sue provviste d’aria e di elettricità, per riprendere fiato e vigore.
L’elettricità sola può spingerlo sott’acqua, e l’elettricità si consuma, finisce. Ma la dinamo turbinante che trasforma l’energia elettrica contenuta negli accumulatori in moto, se è costretta a girare in senso contrario da una forza motrice, trasforma il moto in energia elettrica. Ingranata a dei motori a nafta, la dinamo del sommergibile carica di nuovo gli accumulatori.