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A FIOR D’ONDA.

Giugno.


La notte è serena. La luna sorta da poco spande un chiarore grigio sul mare calmo. Il sommergibile italiano «V.L.A.» naviga guardingo alla superfice.

Il comandante, che emerge con tutte le spalle dalla torretta aperta come da un piccolo e bizzarro pulpito di bronzo, avverte di tanto in tanto:

— Vedette, attente!

Seduto sul frangiflutti della torretta, il secondo ufficiale osservava attentamente l’orizzonte. Ad un tratto, indicando un punto con la mano tesa, esclama:

— Oh, una vampa, là, a nord-ovest.

Un lieve bagliore violaceo ha rischiarato per un attimo un lembo basso e remoto di cielo.

Il comandante non risponde. Guarda con occhi chiari, immobile. Dietro a lui, sulla minuscola plancia, s’intravvede un oscuro gruppo di marinai scafandrati di cuoio, la testa coperta da passamontagne, i piedi calzati in grandi stivali di gomma. Sono le vedette ed il nocchiero, che manovra la ruota esterna del ti-