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272 lettere dal mare


come nei sogni. Tutto è incerto, tutto è ombra, tutto prende aspetti di irrealità, e ci si adatta all’inverosimile, all’impossibile, al fantastico. Inutile guardare: la terra fugge. Fugge come il sinistro scoglio di Koroshima che nella leggenda giapponese salpa una volta all’anno, nella notte consacrata ai morti del mare, e naviga seguito da una flotta disalberata e funerea di giunche naufragate, i cadaveri delle navi che morirono su di lui.


È necessario avvistare le coste nemiche da più lontano che sia possibile, per riconoscerle in tempo. Non vi sono più fari, non vi sono più luci di guida sui mari in guerra, nulla conforta la rotta, tutte le rive sono spente, e non v’è certezza che nella loro visione. Una inesattezza della bussola, una deviazione incalcolabile dalla linea di percorso, possono condurre fuori dell’atterraggio stabilito, e bisogna potere individuare di colpo i luoghi avvicinandoli, saper dare subito un nome ad ogni altura, ad ogni punta che emergeranno confusamente nel buio. Finché non ha visto, la nave si sente un po’ sperduta, diffidente, incerta. Più la terra tarda a mostrarsi e più sorgerà improvvisa e vicina, contornata di scogli, piena di insidie sulle quali si può giungere prima di riconoscere gli errori.

La voce calma del comandante, il cui profilo marinaro, sereno e impenetrabile, si inta-