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268 lettere dal mare


to, avvolti da un’afa grassa, uomini e macchine si muovono in questa specie di crepuscolo livido, che rivela appena le cose e le scolora. Soltanto un angolo del battello è ostinatamente deserto, tutto inondato dallo scialbo riflesso che non serve a nessuno. È il locale degli alloggi, a poppa, dove la nave guerriera confina modeste eleganze da abitazione. Sembra lontano, dimenticato, pieno di un freddo di solitudine, invaso dalla melanconia dei luoghi abbandonati. Chi vi si inoltra incespica nelle pieghe dei tappeti sollevati, perchè sotto ai tappeti si apre la botola rotonda di una santa barbara, e urta contro teste cariche di siluri e cofani di munizioni ammassati presso la scaletta degli ufficiali. E nulla più di questa assenza di vita dove la vita di navigazione si rifugiava più lietamente, dà l’impressione profonda del riposo bandito, della perpetua veglia delle armi.

Gli ufficiali vivono con l’equipaggio e come l’equipaggio. Mangiano quando possono, in fretta, sul ponte di comando o nel casotto di navigazione, al bordo del massiccio tavolo delle carte nautiche, fra sestanti ed altri strumenti di misurazione, la gola cinta dal collare di salvezza, il binocolo appeso al petto, vestiti di cuoio. E dormono in ogni angolo, dietro ad una manica a vento od una ciminiera, o sulla plancia, sdraiati in una sedia pieghevole che scricchiola al rollìo.