Pagina:Barzini - Sui monti, nel cielo e nel mare. La guerra d'Italia (gennaio-giugno 1916), 1917.djvu/276

266 lettere dal mare


tito delle eliche, lo strepito del timone, formano un tumulto profondo ed eguale, compongano una voce di furore. Si direbbe che nella notte quieta il battello porti con sè, dentro di sè, la bufera, che vada impetuoso, tutto buio nel buio, pieno di tempesta. Gli altri cacciatorpediniere che seguono non sono più che delle ombre sopra un biancore di scie.

È l’ora del cambio. Non suona più la campana dei quarti. Il secondo nostromo, imbacuccato nel pastrano da pioggia, va presso ai dormienti, da gruppo a gruppo, si china e avverte: — «Impari di guardia!» — Gli uomini si scuotono. «Mettersi le cinture di salvataggio! — aggiunge il nostromo. Più lontano la sua voce ripete: «Impari di guardia.... Cinture di salvataggio....»

L’oscurità si fa più profonda. Dall’orizzonte tenebrato si vedono arrivare in continua e solenne successione cupe ondate senza spuma, lunghe, lente, pesanti.