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la rappresaglia 221


finiva mai, mai, mai. Egli si sentiva fuori del tempo, fuori della vita. Era come in un sogno epico e feroce, pieno di truce ebbrezza.

In prossimità della fronte il fuoco delle artiglierie antiaeree lo ha avvolto. Lasciato indietro l’Isonzo si è avvicinato finalmente a terra. Ha cercato dei prati. È sceso.

I soldati accorsi dai campi vicini non hanno visto escire nessuno dall’apparecchio appena fermo.

La macchina insanguinata, silenziosa pareva abbandonata. Inerpicatisi sulla fusoliera essi hanno avuto l’impressione che nulla più vi vivesse. Hanno creduto tutti morti.

Con le mani sul volante, la faccia appoggiata alle mani, il pilota svenuto pareva un altro cadavere.

Il suo primo pensiero, tornando in sè, è stato per i suoi compagni. Nella confusione del risveglio ha domandato di loro.

Mentre si svolgeva questo superbo dramma dell’aria, la squadriglia proseguiva verso Lubiana.


Arrivando sullo sbocco della valle del Laibach, gli aviatori si sono trovati sopra pallori di brume e candori di nuvole basse. La terra appariva remota, sbiadita, fra squarci di nubi, fra cirri leggeri, qua e là in ombra, qua e là soleggiata. Lontano, al nord, nella vallata della Sava, nitidamente biancheggiava Krainburg. Ma