Pagina:Barzini - Sui monti, nel cielo e nel mare. La guerra d'Italia (gennaio-giugno 1916), 1917.djvu/206

196 la montagna dalle folgori


un solco, e ci siamo trovati di fronte all’ingresso di una grotta scavata nel gelo. Incominciava un viaggio nell’inverosimile. Da quel momento non abbiamo più camminato sulla neve ma dentro la neve, in un dedalo di gallerie scavate nello spessore bianco, serpeggianti, scoscese, sterminate.

Dove gli uomini si annidano e vivono, ogni traccia umana si sperde sulla faccia del monte. Il vertice abitato solleva nel cielo la sua bianchezza incontaminata, desolata, fredda, tagliente.

«Via Roma» — è scritto sopra un cartello all’ingresso della grotta bianca. Ogni galleria è la strada di una misteriosa città glaciale. Si sale per Via Roma, si volta per Via Trieste, si sbocca in Via Torino.... Vi sono bivî, crocicchî; si va per cunicoli da una parte all’altra della montagna, e il visitatore sbalordito si sperde; egli passa ogni tanto dall’ombra più cupa ad abbaglianti visioni di orizzonti sconfinati, e rientra nell’ombra come percorrendo i corridoi bui di un gigantesco diorama. Andare sulla vetta suprema del monte vuol dire penetrare in un sotterraneo favoloso, in una catacomba cristallina, tutta buchi, grotte, cripte, tagliata in diafanità opalescenti, meravigliosa e ossessionante.

«Ben arrivati! Avanti! Attenti alla testa! Tenetevi alla corda!» — Il telefono aveva annunziato il nostro arrivo, e degli ufficiali era