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184 la montagna delle folgori


circospetta, di una ostinazione poderosa e docile. Pare che nel loro cervello di bestie domini una rudimentale concezione del dovere. Si direbbe che comprendano la loro parte nelle lotte degli uomini. Senza di loro sarebbe impossibile il dominio dei monti. I muli sono la grande forza motrice della guerra nelle altitudini.

Marciano liberi; la mano del conducente non tocca la capezza. Ansimando, sbuffando, sudando, il mulo segue il soldato che lo guida; lo segue con muta fedeltà, fino alla morte. Non è raro che la fatica lo abbatta in cammino, al limite estremo della stanchezza. Spesso precipita in fondo ai burroni, squilibrato da un urto della soma sulle rocce.

Prima che i sentieri fossero resi più praticabili, ogni carovana sul Monte Nero perdeva dei muli nei passi più pericolosi. Quando sentono mancarsi il terreno sotto allo zoccolo, le povere bestie non lottano; si lasciano andar giù, atterrite e rassegnate; rotolano inerti nell’abisso. Se un miracolo li salva, se non incontrano una roccia che li sfianchi e li abbatta, i muli precipitati si risollevano sulle quattro zampe, si scuotono, e, con la soma sbracata, si mettono tranquillamente a pascolare, come se niente fosse successo, aspettando che si vada a riprenderli. Sono animali preziosi pieni di filosofia.

La carovana che saliva era carica di legname per baraccamenti. Le teste dei muli erano