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180 la montagna delle folgori


chie pareti nerastre, porte e finestre nuove per tutto invece delle tarlate imposte malchiuse. Troveranno insomma una specie di rude e minuscola cittadina bianca, linda, comoda, igienica, e domanderanno probabilmente delle grandi indennità per consolarsene.

Tutti i sentieri si annodano a Drezenca, che è la piccola capitale della montagna. La sua posizione ne fa un centro di viabilità della zona, dallo Javorcek al Pleca. Ogni mattina il borgo si desta allo scalpitìo denso di migliaia e migliaia di muli. Le stradine si riempiono di folla, di mandrie, di convogli, come per un immenso e singolare mercato. Feriti, pane, munizioni, legname, derrate passano caricati sulle some; le carovane che salgono s’incontrano nelle carovane che scendono, in una confusione lenta, ordinata e bizzarra. Vi sono ore in cui il paesello rigurgita di popolazione; poi, con un gran rumore scrosciante di scarponi chiodati, di bastoni ferrati, di zoccoli armati a ghiaccio, truppe e salmerie si mettono in marcia, il mercato si dissolve, e Drezenca si vuota.


Più quieto vi prosegue poi il lavoro che trasforma gli edifici, che crea nuovi transiti, che prepara razioni. Vicino ad una attività industriosa che cura anche le piccole cose, che nulla lascia perdere, che produce scaldaranci e sego da scarpe con i rifiuti delle macellerie, che concia i pellami, che rende commerciabili