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esercita la facoltà del calcolo e non può giudicare più niente che attraverso al «puro e semplice buon senso». Studiando così la guerra è arrivato ad una profonda conoscenza del mondo, perchè nella guerra c’è tutto, dalla geologia al cuore umano. Ed ha acquistato la virtù singolarissima di vedere le cose come sono. Ordinariamente ognuno le vede come vorrebbe che fossero o come ha paura che siano.

Si ritrova nelle sue parole quella chiarezza robusta e conquistatrice che è nei suoi scritti. Vi sono pagine sue, nelle circolari e nelle istruzioni, magnifiche di lucidità e di convincimento. Il suo famoso opuscolo sull’attacco frontale è un capolavoro di letteratura militare, che fa vedere e fa sentire l’azione. Prevede tutto, descrive tutto, addita gli errori possibili, mette in guardia contro le tendenze individualistiche della nostra razza, e arriva spesso ad una sobria bellezza d’arte come quando delinea schematicamente l’avanzata delle masse a scaglioni, «che non sono scaglioni di manovra destinati a compiere atti tattici successivi e slegati, ma sono serbatoi d’impulsione, che, pure impegnandosi successivamente, devono costituire come tanti atti del medesimo dramma».


È questo l’opuscolo che ha suscitato un sussurrìo di critiche in quelle scuole di guerra, frequentate da pacifici cittadini, che hanno per sede ogni pubblico caffè. I critici non hanno