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fra le nevi del kozliak 169


fermavano, non deviavano, andavano avanti ordinate, lunghi punteggiamenti neri, formicai umani sul deserto bianco. Il cannone si è stancato.


Il Vrata, dai fianchi meno dirupati, è tutto ovattato di neve. Dalle nostre trincee della cresta un declivio soffice scende alle trincee austriache, più basse di qualche centinaio di metri. Gli alpini hanno pensato di farsi un’arma del pendìo gelato. Un giorno mandarono a chiedere a Drezenca un barile da birra. «Che volete farne?...» — domandò l’ufficiale dell’Intendenza. «Niente, uno scherzo. Vorremmo un barile molto forte» In possesso del barile, i soldati lo riempirono di pietre e di gelatina esplosiva, vi misero una miccia col relativo detonante, e issato il tutto sul parapetto appiccarono il fuoco. «Attenti! Uno, due, tre, giù!» _ e tutti affacciati assisterono al viaggio dello strano proiettile. Il barile rotolò, sobbalzò, precipitò, scomparve. Pochi secondi dopo la montagna fu scossa da una esplosione enorme, seguita da gridi, urli, ingiurie, fucilate, cannonate, il finimondo.

Il sistema era trovato, ma bisognava perfezionarlo. Non si può avere un indefinito rifornimento di barili da birra sulle vette del Monte Nero. Ora i soldati fabbricano delle piccole slitte, le caricano di scatole da conserva, di bidoni da pasta, di tutti i recipienti che cà-