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fra le nevi del kozliak 163


perficie da un ruscellare incessante di nevischio. Si è circondati a momenti da un moto che ricorda quel veloce e leggero rincorrersi di spume che l’onda ritraendosi lascia sulla spiaggia, e che stordisce la vista con una fuga di biancori. La soffice groppa delle nevi ammucchiate è piena di fluidi tremolìi, di striature mobili, ha fremiti, ha lunghi brividi d’onda, e si prova talvolta l’impressione di guadare strane correnti lievi, farinose, vaste, che affascinano e turbano.


Con qualche sollievo si rimette alla fine il piede sul ghiaccio solido e fermo, sorretto dalle sporgenze della roccia. I canaloni sono passati. Si ascende ora alla Sella per uno zig-zag di camminamenti che si sovrastano come le rampe di una scala.

Tutto è bianco, nuvoloso, si va per gradini di ghiaccio fra murelli di ghiaccio. «Ehi! Lassù! Attenti!» — bisogna avvertire le squadre che lavorano più in alto, perchè le loro palate di neve vengono addosso. «Un momento! Lasciate passare!» — gli ometti in fila ristanno, si appoggiano agli arnesi e guardano. Sembrano figurine dipinte in nero sopra una gran parete candida, sospese. I bordi dei sentieri si confondono, sono invisibili, e gli uomini hanno l’apparenza di insetti attaccati ad un gran manto di ermellino. I baraccamenti sono dei tratteggi neri.