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prestigio. Chi non ha mai veduto Cadorna e varca per la prima volta la soglia del suo ufficio, non immagina la modesta apparenza del vecchio gentiluomo guerriero che lo aspetta, eretto, vestito di una rude uniforme da soldato sulla quale scintillano le insegne del grado. La cordialità franca del suo saluto, il suo gesto affabile di invito, il suo sorriso aperto, l’espressione chiara del suo volto, fiero, magro, tormentato, geniale, dissipano immediatamente quel lieve turbamento di chi avvicina i potenti, e che non è forse che una istintiva messa in guardia. E prima di parlare voi sentite un non so quale ineffabile senso di fiducia che schiude la via alla vostra sincerità piena.

È raro trovarlo assiso alla sua massiccia scrivania. Come tutti gli uomini di azione, nella solitudine egli va e viene, la testa come raccolta fra le larghe spalle salienti, medita in piedi quasi per dominare meglio l’oggetto del suo pensiero in un atteggiamento più atto al comando.

Un lungo tavolo pieno di carte stende nel centro della camera luminosa tutto un biancheggiare di topografie, venato di linee rosse, azzurre, gialle, picchettato di numeri, costellato di nomi, sul quale il generale Cadorna si curva di tanto in tanto studiosamente. L’ogiva di una granata austriaca da 305, lucidata, sorretta da uno zoccolo di legno, scintilla sopra un mobile fra le due finestre, e pare uno stra-