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140 la battaglia fra le nevi


la dura pena. In quell'istante un aeroplano è apparso in alto.

Era nostro. Scendeva a grandi giri sopra la battaglia. Aleggiava sulle vette come l’aquila disegnata nel proclama austriaco ai cacciatori della Carinzia. Scendeva sempre. Non era a più di trecento metri sulla cresta del Pal Piccolo. Si vedevano gli aviatori salutare agitando le braccia. Le larghe ali tricolori davano all’aeroplano l’apparenza di una grande bandiera italiana prodigiosamente distesa nel cielo. In quel momento l’apparizione aveva del simbolo, del presagio, del miracolo.

Un colonnello degli alpini ha gettato in aria il cappello dalla piuma bianca: Avanti! Alla baionetta! Le truppe salivano l’ultimo gradino con l’impeto di un’onda, urlando di gioia frenetica. Ridevano combattendo ancora, scivolando, cadendo, morendo. Sono i cadaveri rimasti su quella estrema balza che, rovesciatisi con la faccia al cielo, hanno conservato nella fissità della morte un sorriso pallido, come se un sogno di gloria illuminasse il loro sonno senza fine.


L’aspra battaglia si culminava in una terribile festosità. Su! Su! Savoia! Ancora qualche granata per liberare il parapetto. Ecco i primi che scalzano i sacchi per trovare un appoggio al piede, si afferrano ai bordi, si levano sui gomiti, mettono il ginocchio sull’orlo del bar-