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128 la battaglia fra le nevi


rando intorno alla conca, a levante, le posizioni avversarie si avvicinano fra loro e si elevano bruscamente: su questo lato sono le vette più alte, a picco sulla valle dell’Anger.

Nel punto di massima altitudine la montagna si culmina in due dirupati crestoni paralleli. Uno è nostro, l’altro è austriaco. Le trincee nemiche sono lontane meno di un centinaio di metri, ma le separa dalle nostre un valloncello scosceso che la neve ha colmato. Qui è avvenuto l’attacco.

È caduta tanta neve che i veri trinceramenti ne sono sepolti e si sta dei metri più in alto, come in un secondo piano cristallino ed effimero, trincerati dietro parapetti candidi. Gli avvallamenti orridi, nei quali la tormenta ha accumulato masse fantastiche di neve, non hanno più che dei declivi lisci, bianchi, immacolati, con una apparenza leggera, vaporosa, quasi fluida, come quei paesaggi di nubi sui quali stanno eretti i santi delle pitture. Anche i ricoveri sono sepolti, e da essi si accede alle trincee per camminamenti profondi che solcano l’ermellino della superfice, per scalette tagliate nel ghiaccio, per gallerie fantastiche, scavate nello spessore delle nevi, piene di ombra azzurra e di riflessi glauchi.

La neve non si è solidificata; è troppo molle e farinosa per permettere dei facili movimenti; vi si affonda anche con le racchette e con gli sky. Se gli austriaci avessero tentato un assal-