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100 la lotta a oslavia


lento bombardamento continuò notte e giorno, a intervalli. Gli austriaci volevano impedire i lavori di rafforzamento. Battevano anche lontano, a caso, cercando di ostacolare i trasporti del materiale, i movimenti di truppe, indovinando l’affaccendamento notturno di soldati curvi sotto a pesanti «cavalli di Frisia» portati a spalla da cantieri remoti. Arrivavano ai villaggi ancora abitati, le grosse granate massacratrici di inermi.

A San Martino di Quisca, di fronte al fosco Sabotino, gli abitanti gremivano perennemente la piccola chiesa, in vetta al paesello montano, e una preghiera fervente di donne genuflesse si spandeva dalla porta spalancata mentre le mura del tempio tremavano ai boati, e fra le vecchie case, per le viuzze anguste e scoscese, salivano gruppi di contadini esterrefatti, smorti, silenziosi, portando a braccia i loro feriti esangui. Il paesello era bombardato, come un fortezza.

Il giorno 24 si presentì un nuovo attacco. Dalle prime ore il cannoneggiamento divenne più violento, più serrato, più terribile di quello che non fosse mai stato. Il nemico aveva aumentato il numero delle sue batterie. I colpi da 305 pareva volessero demolire le colline.

Il tempo era radioso, e dal terreno secco le esplosioni sollevavano immani cumuli di polvere rossiccia che si adagiavano nella calma, frammisti al fumo. Dalle rovine di San Flo-