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l’improvviso. A dieci passi dai parapetti si vide ad un tratto l’agitazione delle loro ombre nel chiarore lunare. Non vi erano più «cavalli d Frisia», la strada era stata aperta dalle cannonate. Essi balzarono su urlando e lanciando bombe. La fucileria che scrosciò subito era la nostra.

Un particolare curioso non vogliamo dimenticare: non ha importanza ma caratterizza il nemico. Durante la prima sosta delle artiglierie sull’imbrunire, un ufficiale austriaco avanzò verso le nostre trincee della Sella gridando: «Italiani, non sparate, è stato concluso un armistizio!» Probabilmente egli voleva soltanto constatare se la Sella era ancora occupata e riconoscere i passaggi e portava avanti la menzogna come uno scudo. Più tardi si udirono delle acclamazioni nelle posizioni nemiche e delle voci gridavano in italiano: «È stata fatta la pace!» Pronunciavano paaze. Un prigioniero ha dichiarato poi che si trattava della paaze col Montenegro.

Il primo urto avvenne a destra, dove la collina di Oslavia declina nella confluenza di due valloncelli. Qui l’assalto fu fermato. Sulla vetta della collina di Oslavia invece la linea della difesa dovette arretrare. Discese di un centinaio di metri per non essere spezzata. Non vi erano più trincee lassù, il bombardamento aveva tutto sconvolto, l’assalto non trovo ostacoli e il fuoco della resistenza, valorosa ma esan-