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presenziarne uno in pieno giorno, da solo a solo coll'Eusapia Paladino, in un albergo di Napoli, in cui vidi alzarsi ad una grande altezza un tavolo e trasferirsi in aria oggetti pesantissimi; e d’allora accettai di occuparmene.
Due sere dopo, infatti, cogli egregi colleghi Bianchi, Tamburini, Vizioli e Ascensi rifeci le esperienze in una camera appositamente scelta nel nostro albergo; e qui in piena luce vedemmo un grosso tendone, che separava la nostra stanza da un’alcova vicina e che era lontano più di un metro dal medium, portarsi tutto ad un tratto verso me, circondarmi e stringermisi addosso; nè potei liberarmene che con notevole difficoltà. Un piatto di farina era stato collocato dietro l’alcova a più di un metro e mezzo dal medium che nel trance aveva pensato, o almeno detto di spruzzarcene il contenuto in viso; fatta la luce si trovò il piatto rovesciato a ridosso della farina pur secca ma che restava quasi coagulata come fosse gelatina. Il fatto mi parve doppiamente inesplicabile colle leggi della chimica, e con manovre del medium che era stato non solo legato ai piedi ma avvinto