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verso la grande muraglia 55


Poco dopo il tramonto Nan-kow dormiva già. Sdraiato sul kang, avvolto in una coperta da marinaio, nella notte insonne io continuavo col pensiero il grande viaggio; mandavo avanti la fantasia in esplorazione. Rumoreggiava lontano il torrente, il cui corso avremmo dovuto risalire fra i dirupi. Sul tardi la sua voce è stata coperta dallo scrosciare della pioggia che ricominciava a cadere violenta.

E delle grosse goccie, spinte dal vento, venivano a battere sulla carta delle imposte con un tamburellamento di dita.


Pioveva ancora quando Pietro è passato a destarci, munito di un lanternino di carta; pioveva all’alba; pioveva quando ci siamo decisi a partire, dopo un’inutile attesa del bel tempo. I coolies erano pronti fin dalle tre del mattino. Alle 7.25 lasciavamo Nankow. La Principessa era rimasta all’albergo per ritornare a Pechino in ferrovia. Don Livio ci accompagnava fino alla Gran Muraglia.

All’automobile era attaccata l’orda cinese, e con essa tre bestie volonterose. L’agenzia dei trasporti pechinese aveva promesso di fornire quattro muli, ma a Nan-kow ci aveva fatto trovare un mulo solo, fiancheggiato da un vecchio cavallo e da un piccolo asino bianco. Un rappresentante dell’agenzia, alle rimostranze del Principe, aveva assicurato solennemente, chiamando gli dei a testimoni, che le tre bestie sarebbero state capaci di trascinare da sole il chi-cho in capo al mondo; e noi, che volevamo lo trascinassero soltanto fino a Kalgan, ci contentammo.

Al momento della partenza i buoni abitanti di Nan-kow hanno voluto salutarci, dando fuoco ad alcuni petardi. Così vuole l’uso; il cinese solennizza le feste con dei rumorosi fuochi d’artificio; e quando vuol rendere omaggio a qualcuno, dispone fuori dell’uscio un paio di mortaretti, e al momento opportuno pum! pa! È il colmo della deferenza.

Pochi minuti dopo il paese spariva ad uno svolto della valle. Il sentiero comincia subito a salire, e prende l’aspetto d’una cordonata, con dei gradini bassi e larghi ognuno dei quali costrin-