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verso la grande muraglia 51


lore malinconico del giorno piovoso, il panorama aveva un non so che di truce. Sotto al sole sarebbe sembrato soltanto selvaggio. I fianchi delle alture apparivano inaccessibili. Scendevano ripidi quali bastioni. Parevano pronti a respingere.

Nan-kow significa “Bocca del Sud„.

Vi sono dei paesaggi che si direbbero creati per la lotta degli uomini; territori di guerra, luoghi ove la natura aiuta l’offesa e la difesa, tetre regioni sconvolte dalle quali emana un senso di ostilità, che hanno valichi da sorpresa e passi da imboscata. Nankow ha questo aspetto feroce. I tempi delle invasioni sono lontani, i fortilizi sulle vette rovinano pietra a pietra, e intorno vive il popolo più pacifico del mondo, e pure quella cupa vallata evoca da sola, per le sue forme, un pensiero di assalti e di carneficine quasi che le montagne che la chiudono non fossero che muraglie immani d’una titanica fortezza.

A sei chilometri dal paese, che sta all’imboccatura della valle, abbiamo dovuto fermarci. Da quel punto la strada e il letto del torrente che scende dalla gola di Nan-kow, non sono che una cosa sola. Ciottoli, sabbia, macigni, pozze d’acqua. Abbiamo aspettato i nostri uomini. Sono arrivati correndo, felici d’impossessarsi del chi-cho. Forse temevano che sfuggisse portandosi via le loro speranze di guadagno. Sono arrivati come un’orda di predoni, urlando. Quale strana accozzaglia di costumi e di acconciature! Sacchi di grossa lana a forma di ponchos (che sono gl’impermeabili del carovaniere cinese), camiciole azzurre, bianche, grigie, egualmente lacere, cenci messi a turbante, cappelli di paglia a paralume, stracci d’ogni forma e d’ogni genere, indumenti che dovevano aver servito a generazioni; un insieme da Corte dei Miracoli. V’erano dei vecchi, dei giovani, dei ragazzi; dei cinesi e dei tartari; tipi di mendicanti e tipi di mandarini, un miscuglio di miserie vecchie e di miserie recenti; schiera di bisognosi di ogni ceto arrolati chi sa come, cercati in fondo in fondo all’enorme formicolamento umano di Pechino, venuti a trascinare un’automobile per guadagnarsi in quattro giorni di che vivere un mese, sereni, lieti, ciarlieri, soddisfatti.