Pagina:Barzini - La metà del mondo vista da un'automobile, Milano, Hoepli, 1908.djvu/577


parigi 511


È il punto d’arrivo.

La nostra lunga corsa sta per finire.

Le guardie repubblicane, facendo impennare i cavalli, compiono rapide evoluzioni sgombrando dalla folla lo spazio, che è subito invaso da una quantità di fotografi. Anch’essi fanno le loro evoluzioni per scegliere i migliori punti di vista, scansando nello stesso tempo le zampe dei cavalli. Alcuni cinematografisti ritraggono la scena dell’arrivo girando gravemente le manovelle dei loro apparecchi, e ci gridano a squarciagola: “Guardate l‘obbiettivo!„

L’automobile, dietro le indicazioni di un membro del Comitato della corsa, gira lentamente, salta con mollezza sul marciapiede, avanti all’ingresso del Matin....

Siamo arrivati.

Borghese toglie la comunicazione del cambio e dà un colpo di freno.

L’automobile è ferma.

La corsa è finita.

Questo istante è per noi di una solennità ineffabile.

L’ovazione della folla è alta e piena. Noi rimaniamo seduti ai nostri posti, confusi, storditi.

Io che sto assiso dalla parte del montatoio e dovrei per il primo mettere il piede a terra, non so decidermi a scendere. Ho per alcuni istanti la sensazione che quello che vedo sia un’allucinazione, un sogno. Mi pare tutto impossibile, assurdo. Non posso persuadermi che siamo giunti alla fine, veramente giunti. Mi sento inerte, e con gesto meccanico fumo continuamente una sigaretta spenta da lungo tempo. Mi volgo a guardare Borghese: egli sta ancora con le mani sul volante, nell'atteggiamento nervoso che aveva durante le piccole fermate, quando si teneva pronto a ripartire.

Venez! Venez! — ci gridano dalla soglia del Matin.

Allora salto a terra, quasi risvegliandomi. Un urlo d’entusiasmo passa come un uragano. Mi sento abbracciare e baciare,