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lasciando la russia 465


tanto più piccolo e modesto che non vi riconosciamo l’immenso fiume di Nishnii-Nowgorod e di Kazan, vasto, laggiù, come un braccio di mare.

Città, villaggi, ricchi monasteri isolati fra boschi di pini, pianure steppose, campi, passano rapidamente: abbiamo una lunga strada da fare, e battiamo buon passo. Vogliamo pernottare a Nowgorod, lontana 485 chilometri da Mosca. Alcuni contadini che mietono il fieno in un campo solitario, vedendoci giungere da lontano, vengono di corsa sulla strada, con le falci in aria.

Uno di essi, un giovane biondo, ci grida:

— Venite da Pechino?

— Sì.

Allora tutti agitano i berretti e gridano:

— Urrah!

Noi sorridiamo.

Quella prerogativa di trovare in ogni cosa il lato divertente, quel piacevole scetticismo, un po’ irriverente qualche volta, che è in fondo al carattere latino, comincia ad avere il sopravvento sull’emozione.

Arriviamo alle dieci a Torshok, dove è stabilito un deposito di benzina. La preparazione logistica del viaggio finiva a Mosca, perchè, organizzandola, il Principe era incerto sull’itinerario da seguire, ed era invece certo di trovare facilmente benzina da Mosca a Parigi. La ditta Nobel, interpellata telegraficamente, si era assunta l’incarico di farci trovare nuovi depositi da Mosca alla frontiera russa.

All’ingresso della città, sulla strada, stanno degli uomini ad aspettarci con i barili della benzina e dell’olio pronti in terra. In pochi minuti riempiamo i nostri serbatoi, e via di nuovo.

Non abbiamo mai fatto tanto cammino così velocemente: da Mosca andiamo a 50 chilometri all’ora. Siamo conquistati da un desiderio sempre più vivo di affrettarci. Le verste sfilano rapidamente. Consultiamo le carte, facciamo dei calcoli, non dedichiamo più che una mediocre attenzione al paesaggio, che pure varia,