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dal kama al volga 433


sibilità che dovevamo allo stato delle nostre molle. Procedevamo lentamente, preferendo i passaggi erbosi.

Eravamo però rallegrati e rincorati dalla vista della magnifica campagna coltivata. Rivedevamo, dopo epoche che ci sembravano immemorabili, la ricchezza del lavoro sulla terra. Emergendo dalle ombre dei boschi, ci affacciavamo finalmente nell’Europa. Per tutto, fra il verde, sorgevano villaggi, tartari e cristiani, minareti sottili e campanili, mezzelune e croci, frammisti nella gran Sopra un ferry. pace dei campi. Nulla più parla delle antiche lotte. Così dissimili in tutto, tartari e slavi, nella fede come nella favella, nella fisionomia e nel carattere, biondi gli uni e bruni gli altri, alti i biondi e piccoli i bruni, si somigliavano però in una cosa: nell’indulgenza.

Ogni villaggio ha i suoi costumi puramente mantenuti da secoli. Rimanevamo sorpresi, ammirati, come davanti a visioni di epoche lontane. Pittoreschi abbigliamenti dell’antica Russia, che non sono più portati ove giunse violento il contatto del progresso moderno, si vedono laggiù, lontano dalle ferrovie.